Un Lecce malato di complesso d’ inferiorità cede ad una Juve malandata, incerottata e lontana parente di quella vincente di qualche tempo fa.
Il complesso d’inferiorità si verifica quando le sensazioni naturali si amplificano a dismisura e diventano eccessive o tali da non permettere all’individuo, in questo caso squadra, di muoversi nel mondo con efficacia. Purtroppo questo Lecce sembra afflitto da tale complesso e lo si nota dal modo in cui affronta ogni avversario: sembra contratto, sulla difensiva e cerca più di ogni cosa di chiudere ogni varco e lasciare palla a ogni avversario. Una squadra insomma che bada più a non prenderle che a darle. Un’attesa pericolosa, un’attesa in bilico, rotta soltanto dopo aver subito un gol. Contro la Juventus, il Lecce per l’ennesima volta ha rinunciato a giocare e ad attaccare. Gli zero tiri in porta per 70 minuti, fino al palo di Hijulmand nel finale sono troppo pochi per giustificare un simile atteggiamento. L’ impressione è che se giochiamo tutte le partite con l’ atteggiamento di attesa invece di avere coraggio e pressare alto non andiamo da nessuna parte. A cosa è dovuto tale atteggiamento? Esaminiamo alcune possibili risposte. Innanzi tutto società ed allenatore hanno sempre descritto questa squadra essendo molto chiari: se il Lecce si salva è un miracolo!! Sia dal punto di vista delle risorse economiche investite che degli acquisti fatti, il Lecce infatti presenta una formazione che ha un basso livello qualitativo rispetto alle altre della serie A. Ma non finisce qui. Il Lecce è la squadra più giovane del campionato, il che fa pensare anche ad una carenza di esperienza, maturità calcistica. Oltre a tutto questo dobbiamo mettere in conto che queste valutazioni condivise dalla società ed allenatore si specchiano chiaramente sul rettangolo verde in quanto i calciatori di riflesso manifestano un atteggiamento timido, contratto, pauroso di prendere gol al punto di rinunciare alla fase offensiva regalando palla agli avversari con lanci lunghi difficilmente in grado di innescare le punte. Questo atteggiamento purtroppo è frutto forse di una mancanza di autostima, di carattere di questa squadra, cosa che purtroppo anche il tecnico fa fatica a correggere. Per cui, in qualunque partita e contro qualunque avversario, anche se il Lecce affrontasse una squadra di categoria inferiore, i giallorossi scenderebbero in campo con lo stesso atteggiamento, modulo, piglio. Questa squadra purtroppo è figlia di quella che perse in casa col Cittadella in Coppa. Nonostante le tante partite disputate in campionato, il Lecce non ha una fase offensiva degna della serie A.
Nonostante i commenti post partita di Baroni, la verità generale che emerge da questa partita è la sensazione che società e squadra non stanno dando valore ai numerosissimi tifosi che seguono il Lecce in casa ed in trasferta. Il Lecce è una piccola realtà, sebbene con i conti in ordine una società che ha un budget limitato. Per navigare in questa serie A occorrono alcune cose senza le quali le possibilità di salvarsi sono pressoché nulle:
1) bisogna sopperire all’inferiore tasso tecnico con corsa e grinta.
2) occorre il coraggio, e aggiungo la sfrontatezza di rischiare qualche giocata, di pressare alto e rubare palloni, il coraggio di provarci e di tirare in porta perché nel calcio vince chi segna. L’ atteggiamento è fondamentale.
3) occorre una dose di maturità sufficiente per gestire i novanta minuti, capendo quando difendere, rintanarsi in area e quando l’ avversario è vulnerabile per colpirlo. Gestire le energie . Ad oggi il Lecce ha manifestato queste cose a tratti, spegnendosi ed accendendosi a momenti . A Baroni è società non resta molto tempo per dare a questa squadra la chiave giusta per partire verso una salvezza possibile.
Stefano Lefons