Immaginavamo tutti un lunedì 8 maggio diverso all’indomani dello scontro diretto col Verona. Il Lecce infatti aveva messo definitivamente alle spalle la crisi con il successo sull’Udinese ed era reduce da una prestazione importante in casa della Juventus, seppur sconfitto nel turno infrasettimanale, rimettendo così fiducia in tutto l’ambiente. Di contro gli avversari erano reduci dalla batosta casalinga con l’Inter con annessa contestazione. In più c’era la sconfitta dello Spezia a Cremona nell’anticipo di sabato sera.
Dunque a livello psicologico, e ovviamente di classifica, c’erano tutti i presupposti per assistere ad una grande partita dei giallorossi, con la testa quasi “sgombra”, di chi sa che con una vittoria di fatto si tira fuori dalla lotta quasi matematicamente, o comunque “alla peggio”, che con un X avrebbe dato un punto in più sulla terz’ultima e mantenuto inalterata la distanza con gli stessi diretti avversari. Invece nulla, la squadra di Baroni è riuscita a “suicidarsi” per una seconda volta in questa parte finale del campionato, regalando all’Hellas il primo successo esterno fuori casa della stagione e permettendogli di completare la rimonta in zona salvezza dopo 9 mesi vissuti nella zona rossa.
I giallorossi ci hanno messo tutto dentro di negativo in questa gara: sono apparsi impauriti, confusi tatticamente e giù di tono a livello fisico, eppure riavvolgendo il nastro del match, tolta la traversa lampo di Djuric e il gol da 30 metri di Ngonge i gialloblù non hanno fatto molto altro per portar via la piena posta in palio. Anzi. Dopo un paio di fiammate iniziali la squadra del duo Zaffaroni-Bocchetti ha dato l’impressione di difendersi ordinatamente accettando di buon grado anche un pari. E questo certamente aumenta il rammarico e, se vogliamo, fa preoccupare ancora di più perché ne evidenzia la pochezza dei nostri calciatori nei momenti topici del match.
Senza troppi giri di parole però torniamo alle solite: e cioè che il peccato originale di questa squadra è che dispone della completa inattitudine a creare gioco, motivo per cui abbiamo vinto pochissimo in casa (3 volte) e facciamo tanta fatica negli scontri diretti, contrariamente invece a delle prestazioni brillanti contro le big del campionato. E non è un discorso di attaccanti, ma di centrocampo strutturato male. I numeri a questo punto del campionato non mentono mai.
Anche nelle interviste post partita, sia l’allenatore che il capitano hanno apertamente dichiarato che l’atteggiamento tattico del Verona li ha messi in grande difficoltà, come peraltro avvenuto anche all’andata al Bentegodi e non solo.
Dopo una partita del genere è difficile che l’ambiente generale mantenga l’ottimismo, soprattutto quello salentino talvolta esageratamente isterico, tant’è che il paradosso è che oggi leggendo un po’ di social in giro a Verona si sentono pressoché salvi mentre noi ci diamo già per retrocessi nonostante ancora un punto in più di loro in classifica e soprattutto quattro sullo Spezia che dobbiamo ancora ospitare. E’ vero che nel calcio come nella vita l’aspetto mentale fa la differenza ed è in questo che Baroni e i suoi non danno sicurezze tali da farci sentire al sicuro nonostante la matematica, ma non dimentichiamoci che ora mancano soltanto quattro partite ed in fin dei conti anche dalle parti del Golfo dei Poeti non se la passano meglio. Vedi sabato allo Zini.
Pensate che se il prossimo turno dovesse essere “nullo” come quello infrasettimanale, e cioè che perdiamo noi con la Lazio e lo Spezia col Milan (come molto probabile) affronteremmo la squadra di Semplici con la certezza che vincendo saremmo aritmeticamente salvi. E non è poca come chance visto il trend che abbiamo avuto nel girone di ritorno. Da questo punto di vista mi sento di dar ragione ancora una volta al presidente quando dice che non è il momento di essere autodistruttivi a livello di tifoseria, perché malgrado tutto la salvezza è nelle nostre mani.
Detto questo pensiamo prima a venerdì, senza dare per scontata un’altra sconfitta, perché ci sarà davanti una Lazio comunque in calo dal canto suo e che soprattutto da un punto di vista tecnico-tattico fa un calcio molto più idoneo alle nostre caratteristiche. Visto che costruiscono dal basso e palleggiano molto, mentre noi siamo una squadra che tra le poche cose che sa fare è pressione alta e ripartenze. Chissà che poi a livello mentale la vittoria dell’andata (come magari accaduto con l’Atalanta) non possa restituire qualche certezza in più ai ragazzi. Del resto arrivati a questo punto è più che mai un gioco di nervi.
